LA VAMPIRA DI BARCELLONA - prima parte

LA VAMPIRA DI BARCELLONA
prima parte
 La Settimana Tragica di Barcellona



Ci sono storie che non è possibile considerare al di fuori del loro periodo storico, storie di persone che compiono azioni  che possiamo capire solo se immerse in un preciso contesto sociale e politico. Una storia di un matrimonio riparatore agli occhi di un piccolo paese bigotto ne è un esempio. E poi ce ne sono altre che sembrano non avere tempo e né luogo ben precisi, come tutte quelle storie che parlano di ribellione umana al sopruso del potere. Storie in cui cambiano gli scenari ma non le azioni e le reazioni. E poi c’è ne sono alcune, che comprendono entrambe a seconda della lettura che ne si fa, antiche eppure attuali. Sono le storie di povertà, di abusi, di violenza contro chi non può difendersi. E molto spesso sono storie di bambini.



E’ il 26 luglio del 1909, è un lunedì ed alcuni uomini della Guardia Civil  spagnola stanno accerchiando in strada un uomo sospettato di aver compiuto atti di vandalismo in città  per conto della Jòvenes Bàrbaros. E’ un giorno di grande tumulto sociale a Barcellona, è il giorno dello sciopero indetto dalla Solidaridad Obrebra, una organizzazione guidata da anarchici e socialisti che urlano a gran  voce contro la decisione dell’allora Ministro della Guerra Antonio Maura.



 Sono scesi in piazza in difesa di 520 uomini facenti parte della Terza Brigata Mista, uomini che avevano finito il loro servizio al fronte sei anni prima e che ora erano lavoratori, operai, padri di famiglia. Si perché la Spagna aveva ripreso la sua attività di colonizzazione in Marocco ma per far questo servivano uomini il più possibile e il ministro Antonio Maura aveva sentito l’esigenza di richiamare  anche loro. Aveva però lasciato loro la possibilità di rifiutarsi a patto che pagassero 6000 real, al tempo una cifra che andava ben oltre le possibilità di un lavoratore medio. Una sonora presa in giro che costerà alla Spagna la morte tra i 104 e 150 civili , 8 morti e 124 feriti fra le fila dei soldati, 1700 accusati di aver fomentato la rivolta, 5 condanne a morte e 59 ergastoli. C’è aria di rabbia, contro il governo colonialista, contro i militari, contro la corruzione della Chiesa, contro la borghesia. E’ un vento di rabbia e rivolta delle classi operaie che spira in tutta Europa da tempo, una Europa che sfila con i colli di pelliccia della Belle Epoque, di una borghesia ricca che crede nel progresso della tecnologia e della scienza e in cui le elitè finanziarie e industriali la fanno da padrone lavorando per il proprio monopolio. Una Europa, che come la luna, cerca di dimenticare la sua metà oscura, povera, sporca, promiscua e violenta, dove è difficile rimanere vivi. Una Europa spaccata tra cieca e illusa ricchezza e classi operaie affamate. E’ l’ultima settimana di luglio, quella che verrà ricordata nei libri di storia come la “semàna trahìca”  la Settima Tragica di Barcellona.



Tra le vie di quella Barcellona, tra militari, anarchici, socialisti, comunisti, operai infuriati, prostitute in strada c’è anche una donna, ha 41 anni ed è una maitresse di un bordello clandestino che è stato appena scoperto in una delle perquisizioni che la polizia sta effettuando in quella settimana di guerriglia. La donna è Enriqueta Martì i Ripollès, una donna minuta e gentile. Enriqueta è nata in un piccolo paese vicino Barcellona, a San Felìu de Llobregat,  da una famiglia povera, suo padre è un  alcolista cronico e sua madre sbarca il lunario come può con le pulizie. Una storia di povertà dell’epoca, identica a tantissime altre. Quella povertà porta Enriqueta a lavorare fin da piccola come nutrice e domestica, si fa amare Enriqueta, soprattutto dai bambini. E’ sveglia e non è intenzionata a rassegnarsi ad una vita di stenti. Ritiene che i soldi che guadagna con quel lavoro non siano abbastanza ed a sedici anni si avvia alla prostituzione  nel quartiere di Santa Madrona.  Quattro anni dopo Enriqueta incontra un uomo, è un pittore di nature morte di nome  Juan Pujalò.


Ha grandi ed affascinanti progetti da artista Juan, e Enriqueta  lo sposa vedendo il lui un salto di qualità, quindi lascia il suo mestiere di prostituta decisa a cambiar vita. Juan però non riesce a sfondare e spesso le sue opere rimangono invendute e quelle che riesce a piazzare gli fruttano solo somme modeste. Lo spettro della miseria torna vivo nella vita della donna che si trova costretta a dover ricorrere di nuovo al suo precedente mestiere di prostituta. Juan però non è d’accordo e dopo dieci anni di matrimonio la lascia. 
Fa carriera Enriqueta, è intelligente, astuta e sa cogliere le occasioni buone, così passa dall’essere prostituta a gestire un bordello. E’ proprio lì, in quella famosa settimana tragica di tumulti civili che la polizia la trova, ma con lei, tra prostitute e clientela trova anche il rampollo di una famiglia rilevante di un politico locale, perché quel bordello è per gente importante, amicizie utili di cui Enriqueta è riuscita a circondarsi. Perciò la polizia non fa nomi, insabbia tutto e rilascia subito la donna che tornerà ad operare in libertà nella zona oscura di Barcellona. Di lei ci si dimenticherà molto presto.

Prosegue: La Vampira di Barcellona - seconda parte - La Vampira di Barcellona - terza parte

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